16 marzo 2014 – Cratere del Gauro: un vulcano con tre vette

L’escursione sul cratere del  Gauro ha inizio  dall’ingresso del complesso sportivo del Carney  Park e prosegue sul lato orientale per un sentiero che costeggia il vulcano da cui si ha la possibilità di osservare in lontananza il Vesuvio, la Penisola Sorrentina, Capri  ed altro, e più da vicino il cratere degli  Astroni e quello di Cigliano e  nella parte pianeggiante del versante  il rettilineo di via Campana che da Pozzuoli ( uscita Tangenziale) porta a Quarto ed ad altri paesi dell’area flegrea.

Completata la salita lungo il costone  in poco più di mezzora , si arriva ad un pianoro. Da qui ,svoltando sulla sinistra e  attraversando una vegetazione che è tipica della macchia mediterranea, si sale coprendo un dislivello di  altri m.150 circa per raggiungere  la sommità del versante orientale che su questo lato prende il nome di monte Corbara.

La vista che offre questo punto di osservazione è da mozzafiato: oltre a quanto già ammirato durante la salita, si vede il Campiglione, così denominato il fondo del cratere ricoperto da un immenso prato verde sul quale sono presenti  varie strutture sportive destinate alla pratica dei più svariati sport: tennis nuoto baseball equitazione  pallavolo basket golf, ecc.(Peccato che il complesso  sia  tenuto dal Comando militare U.S.A.)

Dopo una breve  sosta, si prosegue  per circa 20 minuti,  per il versante occidentale del vulcano che su questo lato è denominato monte S.Angelo, sulla cui vetta  trovasi  un a chiesa con annesso monastero dedicata all’arcangelo Michele.

Osservato  il bellissimo panorama ( Procida, Ischia, Cuma , ecc,) , per circa m.150/200 si scende per una sella  che dopo circa 45/ 60 minuti  conduce al versante meridionale che su questo lato è chiamato Monte Barbaro, in passato  Monte del Salvatore o del Redentore per la presenza sulla vetta di una chiesa dell’XI sec. dedicata  al Cristo.

Da qui  lo sguardo,dominando tutto il golfo di Pozzuoli ed la cosiddetta “spiaggia romana” ,spazia  per oltre 300 grado. II Massico, l’Arcipelago Pontino, Cuma, Ischia, Procida , Montenuovo , Capri, la Penisola Sorrentina,  il  Vesuvio e ,in lontananza, l’Appennino, ecc. è quanto ed altro può osservarsi da questa  altura.

In questo posto si effettua  una sosta  di circa un’ora per  il ristoro.

Verso le 14,00 circa comincia il ritorno.

Ci si avvia di nuovo verso il lato  orientale per iniziare  una discesa piuttosto ripida che attraverso un castagneto porta di nuovo all’ingresso del  Carney  Park, dove si sono parcheggiati  i propri mezzi.

Arrivo previsto per le 15,30/16,00.

Dati esccursione

  • Appuntamento: ore 9,30 – inzio via Campiglione,strada che porta al Carney  Park , individuabile seguendo le indicazioni della rotatoria  all’uscita dello svincolo Tangenziale Pozzuoli-via Campana.
  • Altezza max: m.330
  • Dislivello complessivo m.400/450
  • Durata: 3 ore/ 3 ore e mezza
  • Difficoltà: media
  • Acqua: 1 – 1 e ½ litri
  • Colazione: a sacco
  • Equipaggiamento:invernale con scarponi e zainetto.
  • Mezzi di trasporto:
  • Previsione orario di ritorno: 15,30/ 16,00
  • Direttori di gita: Aldo Ibello cell.347/3587058 e Annamaria Martorano cell.338/9498941

Il Cratere del Gauro

Il “Cratere del Gauro” risale a circa 12.000 anni fa e nacque con la formazione dell’ampio deposito detto “tufo giallo napoletano”. Ha un’altezza massima di circa 330 metri ed è diviso in tre versanti che circondano la piana centrale detta “Campiglione”: Monte S.Angelo è quello occidentale, Corvara quello settentrionale, e Monte Barbaro quello meridionale.

L’uomo vi abitò fin dal XV sec. a.C. con tracce in località Castagnaro e Montagna Spaccata; in particolare sono stati ritrovati materiale ceramico e resti di ossa umane ed animali, capre, pecore e maiali, segno di una intensa attività pastorizia. L’insediamento fu abbandonato quando iniziò l’attività del vulcano Averno, alla fine del XIV sec. a.C..

Successive notizie di stanziamenti sul Gauro ci giungono dal IX sec a.C., quando vi si trasferirono popolazioni dal Monte di Cuma, dapprima quelle locali, quindi i Greci provenienti da Ischia.

Il Gauro è ricordato nella I guerra romano-sannitica del 343 a.C. per una battaglia vinta dal Console Valerio Corvo, e nella II guerra punica, quando vi passa Annibale, nel 215 a,C., distruggendovi tutti i raccolti.

Il Gauro si spopolò nuovamente; ne abbiamo solo notizie vaghe, come quella del I sec.a.C. in cui è nominata la produzione del suo vino a base di un vitigno autoctono.

Le successive notizie della zona continuano attraverso quelle di varie chiese. Nel 1083 circa, con la chiesa con monastero dedicata a Cristo Redentore o Salvatore, da cui il nome del versante meridionale del Gauro, Monte di Cristo o del Redentore. Nel 1119, Roberto I, principe di Capua, concede la chiesa di San Nicola in Castro de Serra al Vescovo di Pozzuoli. Nel 1121 Giordano II, Principe di Capua, concesse alla chiesa di San Procolo, il vecchio duomo di Pozzuoli, la chiesa di Sant’Angelo “in crista montis”, cioè la chiesa dell’Arcangelo Michele, da cui il nome della vetta occidentale del Gauro, Monte sant’Angelo. Si ha notizia, poi, nel 1377 di una chiesa di San Demetrio, distrutta dalla comparsa del Monte Nuovo, avvenuta nel 1538.

Dal punto di vista della flora, il Gauro ci offre, all’interno del versante esposto a Nord, un castagneto, cosa alquanto insolita a questa altitudine. Il castagno, infatti, cresce a quote più alte e fresche, ma all’interno del cratere approfitta del microclima fresco e umido, diverso da quello esterno. Altri alberi presenti sono il carpino nero, la carpinella e l’acero campestre. Sul versante esterno, invece, esposto a Sud, troviamo una vegetazione completamente diversa. Ormai molto ridotto il querceto di Roverella dai numerosi incendi degli ultimi decenni; questo lato è cosparso prevalentemente di cespugli di ginestra. Anche il versante a Ovest è brullo e ormai privo di boschi e presenta piante di ampelodesma, di paleo, di scarlina, ed altre tipiche della “macchia mediterranea”, come il cisto, il mirto ed il lentisco. Probabilmente è presente anche la “Stilla Hughii”, una pianta autoctona esclusivamente dell’isola di Marettimo, nelle isole Egadi, ma presente anche a Capri e a Pozzuoli. Cresce sulle rocce di calcare vicine al mare e fiorisce da aprile a maggio.

Nonostante le continue trasformazioni a cui è stata sottoposta la zona del Gauro negli ultimi periodi soprattutto a causa della continua urbanizzazione selvaggia, si possono ancora identificare alcune specie di uccelli: cinciarelle, capinere, cinciallegre, merli, scriccioli, pettirossi, gheppi e forse allocchi. Fra le specie migratorie il tordo, l’upupa, il cuculo e lo storno. Fra gli altri animali, probabile è la presenza di volpi, donnole, ghiri e talpe.

Un discorso a parte merita la coltura della vite, vera ricchezza del Gauro,da sempre. Storicamente questa risale all’antica Cuma, a cui giunse dall’Attica, la famosa regione dell’antica Grecia. Inizialmente la vite fu denominata “aminea”, cioè portata dal popolo amino. Il Monte Massico, a Nord di Cuma, sembrò ai Greci il posto ideale per questa coltura ed in seguito fu piantata sul Gauro, dove si arrivò ad una qualità migliore di quella Massicana, tanto che spesso questa vite sostituì quella originaria greca anche sul Massico. Alla venuta dei Goti e dei Vandali molti territori furono abbandonati, e fra questi anche il Gauro, che si inselvatichì, si imbarbarì, da cui il nome Monte Barbaro. Quando nel Medioevo vi si insediarono dei monaci, riprese anche l’attività agricola, fra cui la coltura della vite e, naturalmente, la produzione del vino. Si giunge, così, fino alla metà dell’Ottocento, quando comparve la terribile “fillossera della vite” (Philloxera vastatrix), una larva che distrusse i vitigni di tutta l’Europa, tranne, fortunatamente, quelli flegrei della Falanghina e del Piedirosso, salvi grazie alla natura vulcanica del territorio su cui crescevano.